TRAINSPOTTING
LA PRIMA DEL TEATRO SAN TEODORO
Stagione 2018-19
venerdì 19 Ottobre
ore 21.00
versione di Wajdi Mouawad
sul romanzo di Irvine Welsh
traduzione Emanuele Aldrovandi
regia Sandro Mabellini
con Marco Bellocchio, Valentina Cardinali, Michele Di Giacomo, Riccardo Festa
costumi Chiara Amaltea Ciarelli
drammaturgia scenica Bellocchio, Cardinali, Di Giacomo, Festa
produzione Tieffe Teatro/Viola Produzioni S.r.l.
La storia di Trainspotting è la storia di quattro ragazzi e una ragazza. Mark Renton, disoccupato come la maggior parte dei giovani scozzesi della sua generazione, ha trascinato nella confusione e nella dedizione ad ogni tipo di droga i suoi amici d’infanzia. Sick Boy, un appassionato di cinema e sciupafemmine, Begbie, un pericoloso outsider sempre alla ricerca della rissa, Tommy, un seguace del bodybuilding, e Alison, fidanzata di Sick Boy, che cerca di conciliare la sua dipendenza dalla droga con il suo ruolo di madre. Per ingannare la noia, i personaggi rubano, e si distruggono di eroina, tutti tranne Tommy, che vive un’altra forma di dipendenza.
Scordatevi il libro, scordatevi soprattutto il film. Tutto sta nel titolo, dà lì nasce, sfocia, sfiorisce quella crepa che, dolorosa, fatica a stemperarsi, non riesce a risarcirsi, stenta a rimarginarsi, a placare quel male di vivere, quel dolore assordante, quei crampi che mangiano il futuro: “Trainspotting”, praticamente lo stare sulla banchina a vedere i treni, degli altri, le vacanze, degli altri, i lavori, degli altri, gli appuntamenti e le vite, degli altri, andarsene lontano, sfrecciarti addosso, spostandoti il ciuffo, togliendoti la polvere da sopra la maglia sudata. Attendere, aspettare un’altra folata di vita che scompigli per un attimo capelli che non hanno conosciuto balsamo, giubbotti di pelle lisi ai gomiti. Quel vento forte che ti scardina, quel rivolo subito dopo l’oblio di quella linea gialla di demarcazione, quel “Mindthegap”, tra chi sta dentro e chi sta fuori, chi ha accettato le regole, le convenzioni, il sistema, e chi lo ha rifiutato, cancellando il suo essere parte integrante di questa società, rimanerne dentro ma contestando, protestando in primis con se stessi.
La versione teatrale italiana ideata da Sandro Mabellini non subisce il contraccolpo della traslitterazione dalla celluloide al palco ma anzi riesce a dare nuova linfa, grazie ad una regia raffinata e scarna insieme, concreta e lucida che molto si basa su puntamenti e direzionamenti luci, e ad interpreti corroboranti e vigorosi, ad un discorso qui mai trattato con banalità né superficialità. Qui non è la droga la protagonista, non è lo sballo, ma lo sfascio, lo sfacelo, la distruzione del sé. Antieroi e la loro eroina.
“Io non appartengo alla classe media, così come la borghesia. Io sono un gentiluomo del piacere. Scrivo. Mi siedo alla mia finestra e guardo il mio giardino. Amo i libri. Mi piace lo spessore e la complessità di Jane Austen e di George Eliot. Ascolto musica, viaggio. Posso andare a qualsiasi festival del cinema ogni volta che ne ho voglia”. Irvine Welsh – autore del romanzo
Nonostante questa dichiarazione, Irvine Welsh è nato in una famiglia modesta: sua madre era domestica; suo padre venditore di tappeti, muore quando Irvine ha 25 anni. La famiglia vive prima a Leith, dove nasce l’autore. Nel 1962, si trasferisce nel centro di Edimburgo. Welsh riceve la sua istruzione secondaria alla scuola Ainslie Park; lascia il sistema scolastico all’età di 16 anni e si diploma come elettricista. Nel 1978, dopo aver svolto vari “lavoretti”, lascia Edimburgo per Londra dove cerca di inserirsi nella scena punk. Diventa chitarrista e cantante in band come The Crabs e Stairway 13 (nome riferito al tragico incidente nella tribuna dello stadio d’Ibrox). Contemporaneamente, lavora per il Sindaco di Londra e studia Informatica. E’ stato dipendente da eroina dal 1981 al 1983, periodo in cui scrive le basi di Trainspotting.
Verso la metà degli anni 80, grazie al boom causato dalla borghesizzazione del nord di Londra, diventa agente immobiliare. Poi torna ad Edimburgo, dove lavora presso il Dipartimento degli affitti del Comune. Queste diverse esperienze gli danno strumenti di analisi per la sua riflessione sociale.
“La società s’inventa una logica assurda e complicata, per liquidare quelli che si comportano in un modo diverso dagli altri. Ma se, supponiamo, e io so benissimo come stanno le cose, so che morirò giovane, sono nel pieno possesso delle mie facoltà eccetera eccetera, e decido di usarla lo stesso, l’eroina? Non me lo lasciano fare. Non mi lasciano perché lo vedono come un segno del loro fallimento, il fatto che tu scelga semplicemente di rifiutare quello che loro hanno da offrirti. Scegli noi. Scegli la vita. Scegli il mutuo da pagare, la lavatrice, la macchina; scegli di startene seduto su un divano a guardare i giochini alla televisione, a distruggerti il cervello e l’anima, a riempirti la pancia di porcherie che ti avvelenano. Scegli di marcire in un ospizio, cacandoti e pisciandoti sotto, cazzo, per la gioia di quegli stronzi egoisti fottuti che hai messo al mondo. Scegli la vita. Beh, io invece scelgo di non sceglierla, la vita. E se quei coglioni non sanno come prenderla, una cosa del genere, beh, cazzo, il problema è loro, non mio. Come dice Harry Lauder io voglio andare dritto per la mia strada, fino in fondo…”
Trainspotting